Assoro-Assur: Sicani e Assiri

“È in Sicilia che si trova
la chiave di tutto”.
Goethe.

Forse i lettori, non coloro che ci seguono da tempo nelle ricerche, saranno sconcertati dalla tesi qui di seguito esposta, secondo la quale, in tempi antichissimi, nella preistoria, sarebbe esistita nel pianeta terra una civiltà che aveva globalizzato la cultura di appartenenza. Sostenere, come fa Goethe tra le righe delle sue affermazioni, che questa civiltà avesse la sua base di espansione nella terra dell’Avo, la Sicilia, sarà meno difficile di quanto sembri e, con tutta sicurezza si attirerà gli strali di quanti, fermi nelle loro posizioni dogmatiche, hanno costruito le loro carriere sugli ipse dixit di una accademia autoreferenziale. Al fine di osteggiare la tesi che esporremo, qualcuno

Adrano

potrebbe tirare in ballo la civiltà per eccellenza, quella ove nacque la scrittura, per mezzo della quale può “sfogliare” la storia del mondo, la civiltà sumerica. Volendo precedere i sicuri interrogativi che verrebbero posti,saremo pertanto proprio noi a tirare per primi in ballo la civiltà che appare sul palcoscenico del mondo soltanto nel tremila e cinquecento circa a.C., di contro, in Sicilia, si attesta una raffinata civiltà che, nelle grotte dell’Addaura (PA), lasciava ai posteri di ventimila anni successivi, graffiti nei quali si può leggere la raffinatezza alla quale era giunta la stirpe sicana.

Adrano

Onde rafforzare la tesi della maggior vetustà diun paradiso siciliano rispetto a quello tradizionalmente posto in Mesopotamia, l’Eden, facciamo rilevare all’acuto lettore, che nella città dell’avo Adrano, edificata alle falde dell’Etna in tempi incommensurabilmente remoti, esposta nel museo archeologico locale vi è una ceramica

Adrano
Adrano

decorata, datata a partire dal settimo millennio a.C.
Tra le numerose decorazioni apposte alla ceramica adranita, spiccano la croce, la croce potenziata, il reticolo, l’occhio onniscente.

Assoro-Assur.

Assoro è il nome di una città siciliana la cui fondazione risale all’epoca sicana e che potrebbe avere relazione con la capitale assira Assur, ma su ciò le nostre indagini si arrestano al momento. Molte acropoli delle città sicane, a testimonianza dei movimenti tellurici, delle catastrofi incorse nei millenni, sono caratterizzata dalla presenza di rocce formatesi dal deposito di sedimenti marini, e per successivo sollevamento della crosta terrestre dovuto allo scontro delle placche tettoniche; infatti, nell’arenaria sono visibili fossili di conchiglie e molluschi marini in grande quantità.
Tra le catastrofi che interessarono il pianeta prende corpo l’ipotesi di un diluvio universale di cui si ha traccia nei testi sacri, nelle fonti orali e letterarie di tutte le civiltà. Secondo l’ipotesi di Ryan-Pitman, il Mar Nero, avrebbe subito una inondazione repentina da parte delle acque provenienti dal Mar Mediterraneo intorno all’ottomila a.C. Per dovere di completezza vanno segnalate anche le tesi di segno opposto affermate da altrettanti autorevoli studiosi, secondo i quali sarebbero state le acque provenienti dal Mar Nero a riempire la depressione dell’area mediterranea. Per quanto noi non possediamo i numeri per inserirci nell’accademico diverbio, osiamo tuttavia esporre l’esistenza di una terza possibilità: man mano che i ghiacciai che coprivano la calotta terrestre dal polo nord fino a Milano si scioglievano, le acque dolci alimentavano, da un lato il Danubio che si riversava nel Mar Nero, dall’altro l’oceano Atlantico che, attraverso lo stretto di Gibilterra, si riversava nel Mar Mediterraneo.
Ora, dal momento che la datazione dell’8500 a.C., proposta dal Pitman per il travaso dei mari, coincide con la fine dell’ultima era glaciale e del successivo scioglimento dei ghiacciai, ritenendo che lo scioglimento non possa essere avvenuto repentinamente come sostenuto dallo studioso, ma lentamente, durato secoli, noi riteniamo plausibile l’ipotesi secondo la quale, durante la lunga fase di innalzamento del livello delle acque del Mar Mediterraneo, che ineluttabilmente provocava l’immersione delle coste siciliane, man mano che le acque salivano, a spostarsi verso oriente non fossero soltanto queste, ma gli stessi Siciliani le cui città vedevano sparire sotto le acque salmastre.
Se l’ipotesi di una migrazione sicana verso est, dovuta alle inondazioni, fosse presa in considerazione, si spiegherebbe allora la grande quanto suggestiva affinità dei toponimi siciliani con quelli presenti nell’area mesopotamica: Assur-Assoro; Ebla-Hibla; Aenna-Enna; Akkad-Acate (per approfondimenti vedere l’articolo: Un dio tra il Simeto e l’Eufrate, miti3000.eu); si spiegherebbe ancora l’affinità tra la lingua sumera e quella sicana (ibidem), nonché una teogonia che vede al vertice del pantheon l’avo comune Ano, che in Sicilia veniva appellato il “furioso” odhr, in quanto si riteneva, forse, che il diluvio fosse stato la conseguenza della sua ira. Appare ancora plausibile la ricostruzione secondo la quale, i Siciliani, una volta giunti in Mesopotamia, venissero appellati Sumeri, dal sicano (lingua di derivazione protogermanica) zu-mer, cioè popolo che viene dal mare, il Mediterraneo. La genesi della migrazione sicana verso est, potrebbe essere stata successivamente raccontata dai Sumeri sulle famose tavolette d’argilla incisa, utilizzando l’alfabeto cuneiforme. Infatti, proprio dalle tavolette sumere si è ricavato il racconto di un diluvio e di una divinità che sarebbe giunta in Mesopotamia da occidente (probabilmente già prima del mitico diluvio) portando la civiltà. Il nome della divinità in questione era Enki, soprannominato Ea acqua.
La provenienza acquatica di Enki, a nostro avviso giustifica l’appellativo Ea conferito al dio. Sarà un caso che anche il dio civilizzatore babilonese Oannes, raffigurato come un uomo mezzo pesce, secondo il racconto del sacerdote Berosso, era giunto in Mesopotamia dal mare occidentale e che il prefisso O del nome Oannes ed il prefisso Ea di Enki abbiano assonanza con il francese eau acqua. Dalla decifrazione delle tavolette sumere, il cui merito va attribuito in gran parte allo studioso Zechariah Sitichin, emerge che il padre di Enki Anu, nome che facciamo risalire al protogermanico Ano con il significato di Avo, appellativo adottato già in Sicilia per il dio nazionale, è un suonatore di lira; così si legge infatti in un lacunoso frammento in cuneiformi ritrovato a Uruk: “In quel luogo luminoso …(lacuna)… la residenza di Innanna. Deposero la lira di Anu”. Continuando con le affinità tra la Sicilia e la Mesopotamia, non passa inosservato che il numero di riferimento del sumero Anu è l’otto, numero simbolico che si ritrova con frequenza nella città di Adrano e riferibile non ad altri se non all’Avo adranita. Per ciò che concerne poi le azioni ascrivibili alla nipote prediletta del mesopotamico Anu, Innanna, esse possono ritenersi, seppur con le ininfluenti varianti locali, una trasposizione del mito siciliano della dea ennese chiamata dai Greci Kore, e poi dai Romani Proserpina. Infatti, sia la divinità siciliana quanto quella mesopotamica, durante il viaggio intrapreso agli inferi, vengono costrette dalle divinità infere, a prendervi dimora eterna. Continuando con le affinità mitologiche, si noti che i Sumeri non facevano mistero della loro ignoranza dell’utilizzo dei cereali per fini alimentari, affermando che il grano venne fatto loro conoscere assai tardi, secondo la nostra ricostruzione che trova appiglio nel mito di Demetra, molto tempo dopo che in Sicilia veniva utilizzato. Infatti, ancora secondo il mito siciliano, e poi quello greco, emerge che è Demetra, la dea che ha la propria sede in Sicilia, ad Enna, a far dono del grano ai Greci (Diodoro Siculo) quando si reca nella loro terra alla ricerca della figlia rapita. Dunque, Demetra, stando al mito greco, e come prima aveva fatto Enki nel racconto sumero, percorreva la terra da ovest verso est, da occidente verso oriente, dalla Sicilia alla Mesopotamia, seguendo forse anch’essa le onde del Mediterraneo che innalzava sempre più il suo livello (?!), portatrice di civiltà.

L’Eden Siciliano.

Quanto sopra affermato porta ad azzardare l’ardita tesi che perfino il paradiso, il famoso Eden (Eid promessa, giuramento; En primo) sumero, possa essere stato per i compilatori delle tavolette, il ricordo del luogo d’origine degli emigranti dell’era post glaciale e pre sumerica. Dai testi Sumeri emerge, infatti, come sopra affermato, che il grano fu fatto conoscere al popolo dalle teste nere dagli dèi, che come si è visto, provenivano da ovest, da occidente, mentre dal mito greco emerge chiaramente che questi dèi provenivano dalla Sicilia, da Enna che ancora al tempo dei Romani veniva appellata granaio dell’impero. La presenza delle varietà botaniche presenti in Sicilia, sono in numero così enorme che non è pari a nessun altro luogo del pianeta. Con un po’ di fantasia si potrebbe immaginare l’isola dalla forma triangolare la cui geometria fa riferimento al divino, che la sua proverbiale fertilità e le idonee condizioni climatiche, si prestassero alla coltivazione di qualsiasi tipo di piantagione, compreso il famoso albero della vita, della conoscenza del bene e del male che cresceva nell’Eden; un vero e proprio laboratorio in cui si potesse praticare anche una qualche sperimentazione su tipi di innesto se, come emerge dallo studio di accreditati scienziati, bisogna dare credito alle loro affermazioni: il grano non è un prodotto spontaneo della natura, ma un prodotto derivato da sofisticate tecniche di manipolazione genetica. In Sicilia sono presenti ancor oggi, nonostante il considerevole cambiamento climatico sopraggiunto negli ultimi millenni che ha portato alla crescente desertificazione dell’isola, una varietà di piante che sono presenti in vaste aree geografiche del pianeta, dal frassino che si trova nel nord Europa e nelle altitudini etnee, all’Africa con le piante di banana. Delle specie animali si può dire altrettanto dal momento che si sono ritrovati fossili di elefante nano.

Conclusione.

Uno studio della preistoria nell’area mediterranea, in Sardegna, in Sicilia, a Malta, condotto laicamente, senza pregiudizi, porterebbe a sorprendenti rimodulazioni storiche ad oggi ancora non osate.

Ad maiora.

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