Molte leggende riferiscono di una migrazione ebraica verso il nord Europa. La più nota è quella che vorrebbe la Maddalena incinta, accompagnata da un piccolo gruppo di individui che avevano visto in Gesù un maestro, tra cui figura l’enigmatico Giuseppe di Arimatea, diretta in Francia. Già cinquecento anni prima della Maddalena, secondo la lista di successione delle famiglie ebraiche in Francia, fornita dall’erede dello statista Giacomo Rumor, noto nella politica italiana del primo dopoguerra per aver fornito un contributo alla formazione dell’Unione Europea, a cui rimandiamo chi volesse approfondire l’audace argomento -Paolo Rumor, L’altra Europa, Ed. Panda- vi si era recata la famiglia ebraica dei Kokba. In verità, a nostro avviso e secondo la ricostruzione da noi effettuata sulla base di ricerche documentarie, pubblicate nel saggio “Il Paganesimo di Gesù”, dato alle stampe nel 2012, e consultabile gratuitamente nel sito web miti3000.eu, le cose sarebbero andate in modo diametralmente opposto. Poiché un tentativo di ricostruzione dei fatti è stato tentato nel succitato nostro saggio, a cui rimandiamo il lettore che vuole approfondire la propria conoscenza, in questa sede ci limitiamo a equiparare le migrazioni ebraiche in Europa, che avvengono copiose ancora ai nostri giorni, al ritorno della stirpe dardanica in Italia, antica patria dei fondatori di Troia. Nel “mito” virgiliano, infatti, Enea, ritornando nell’Italia centrale, altro non faceva, che ricongiungersi agli eredi degli Avi comuni, che alcune generazioni prima, avevano lasciato l’Italia centrale per recarsi in Asia dove avrebbero fondato Troia. Ora, tornando alla migrazione ebraica in Europa che nella lista Rumor viene fatta risalire al VI sec.a.C., non è fuori luogo segnalare qui, che la nonna di re Davide, Ruth, veniva appellata la rossa. Di origine celtica, Ruth, come ricostruito nel nostro saggio, avrebbe trasmisso la cultura e i caratteri somatici al futuro re di Israele, come si evince dalle pagine del nostro saggio, e Boz, cioè Boss, il capo, appellativo con il quale era conosciuto il consorte di Ruth, non è che un attributo ancora attestato nella lingua germanica e, verosimilmente, la coppia, o gli antenati di Davide, erano imparentati con quei Rutuli, i rossi appunto, stanziati anche nell’Italia centrale nello stesso arco temporale della presenza biblica di Ruth (vedi Pag. 92/93 del saggio “Dalla Skania alla S(i)cania, le grandi migrazioni protogermaniche* pubblicato nel 2011 e gratuitamente fruibile nel sito web miti3000.eu). Pertanto, se la Maddalena davvero andò in Europa, stanziandosi in Gallia, nei pressi del famoso villaggio di Rennes-le-Château, ella non fece altro che intraprendere un viaggio di ritorno alla cultura ancestrale, magari con il tentativo di reintegrare nella cultura europea, mai del tutto abbandonata dagli Ebrei/Filistei in terra di Palestina, come viene ipotizzato nel nostro saggio, Il figlio che portava in grembo. Se poi, questo figlio era il frutto dell’amore, non solo spirituale, intercorso tra la donna e il re dei Giudei Gesù, visto l’ascendenza di questi, riconducibile al celta re Davide, a buon diritto l’erede che la Maddalena portava in grembo avrebbe potuto rivendicare un regno celtico in terra di Gallia. Da qui nascerebbe la pretesa al regno, secondo una storia scritta parallelamente a quella canonica degli evangelisti, della dinastia dei Merovingi. Il cordone ombelicale che univa le genti della vecchia Europa alle genti d’Oriente, sarebbe stato così ricucito e un nuovo ponte avrebbe unito politicamente le due estremità geografiche. Attraverso i Merovingi, nel disegno della politica internazionale occidentale, caduta Roma, si sarebbe comunque gettato un ponte su Gerusalemme, e questa sarebbe rimasta in mani occidentali, anzi, franche, Merovinge. Il testimone passerà per un lungo arco temporale di mano franca in mano franca; da Goffredo di Buglione a Baldovino fino al Davide redivivo Federico II di Svevia per metà normanno.
Ad maiora.