La scoperta.
Se abbiamo ben interpretato il significato etimologico del nome dei monti Peloritani (vedi. “Glossario etimologico della lingua Sicana”, miti3000.eu e Adranoantica.it gratuitamente fruibili) che si ergono quali cattedrali, a memoria e gloria degli Avi nostri nella provincia di Messina, siamo certi che in questi monti si troveranno numerosi siti archeologici, ormai resi invisibili dalla natura che avanza laddove l’uomo arretra, come quello da noi recentemente scoperto tra i boschi di pini che con le loro cime toccano il cielo e di cui forniremo ulteriori resoconti.
Comparazioni.
Lo studio delle religioni comparate ci induce a fare un parallelismo tra le credenze religiose e le abitudini di vita intercorse tra gli Avi Sicani e il popolo indoeuropeo dei Daci. Gli uni e gli altri appartenevano al ceppo indoeuropeo. Il sito archeologico siciliano, a una spanna dal piccolo centro di Roccella Valdemone, al momento senza nome, in cui ci siamo imbattuti, arroccato su un promontorio di arenaria ormai totalmente ricoperto da un fitto bosco, è caratterizzato dalla presenza di mura ciclopiche.
A motivo delle caratteristiche morfologiche del paesaggio su cui venne edificato l’insediamento, questo potrebbe essere paragonato alla capitale religiosa, politica e militare dei Daci, Sarmizegetusa. Quest’ultima, oggi in Romania, era stata edificata su un colle alto 1200 metri S.l.m. ed era della grandezza di appena 9 ettari. Le caratteristiche anzidette coincidono con il sito siciliano nei pressi di Roccella Valdemone che abbiamo scoperto e preso in esame. Si tenga ben conto che nella concezione religiosa di quel lontano mondo, – Sarmizegetusa viene sottomessa dalle legioni romane nel 98 della nostra era-, non era ancora avvenuta la cesura tra mondo divino e mondo terreno che caratterizza il nostro secolo. Le città edificate sugli alti colli, dalla Palestina alla Sicania, stabilivano, secondo la concezione religiosa degli Avi, un “ponte” tra il Cielo e la Terra. Per questo motivo, a nostro avviso, furono fondati un numero considerevole di villaggi sui monti Peloritani che col cielo sembrano compenetrarsi, fermo restando che alla prerogativa religiosa si aggiungeva allora, la facilità con cui questi villaggi si prestavano ad essere difesi in caso di attacco nemico. Questa ultima considerazione viene confermata da Tucidide (Guerra del Peloponneso, Lib. VI, 88,4) allorché afferma che i Siculi, alleati degli Ateniesi, grazie al controllo che avevano dei passi montuosi, inflissero gravi perdite ai nemici siracusani durante la guerra del Peloponneso per quell’arco di tempo che si protrasse in Sicilia. Dunque, a nostro avviso ben si giustifica l’antico nome dei monti messinesi Bal+hör+eitan ovvero Peloritani (vedi glossario), appellativo che tradotto liberamente significa “Il luogo dove si ascolta la voce del divino”.
Ad maiora.