Percorso medievale

Castello della Solicchiata

Adranoantica, come di consuetudine, avrebbe dovuto, se il morbo che si è abbattuto sul pianeta non lo avesse impedito, partecipare quale attore organizzatore fra le otto città partecipanti, nell’ambito del progetto Alcantara-Etna valley, il 2 Agosto 2020, ad un evento in cui si sarebbe dovuto celebrare il periodo, poco esplorato, del Medioevo adranita, con lo scopo di condurre il cittadino che vi partecipava, ad una conoscenza di sé, per la quale, un tornare indietro all’insensibilità per lui non sarebbe stato più possibile. L’evento che vedeva impegnate otto città collaboranti, avrebbe dovuto avere inizio con la conferenza stampa che si sarebbe dovuta tenere a Randazzo il 26-04-2020, nella quale ogni città partecipante, rappresentata da associazioni culturali locali, avrebbe esposto il proprio programma. Il primo evento, ad apertura del progetto, avrebbe dovuto avere luogo a Calatabiano e l’ultimo, a chiusura, ad Adrano. Il programma adranita, proposto dal rappresentante di Adranoantica, un sito web, questo, che si occupa di ricerca e divulgazione della storia locale, prevedeva la visita e la spiegazione dei numerosi monumenti dell’epoca che ancora insistono sul territorio adranita. Il titolo dell’evento sarebbe stato: “Un ponte tra due ere”. L’evento si sarebbe svolto a cominciare dalla presentazione del castello della Solicchiata. Esso sorge imponente nella periferia adranita, al centro di ettari di vigneti che rappresentano l’orgoglio della plurimillenaria città di Adrano e della millenaria famiglia che li possiede e coltiva con passione, quella dei Baroni Spitaleri. Sebbene il castello della Solicchiata non sia stato edificato durante il lungo periodo che convenzionalmente è stato chiamato Evo di mezzo o Medioevo, bensì alla fine del XIX secolo dal lungimirante Barone Felice Spitaleri, per stile ed imponenza si richiama all’architettura medievale.

Torre di guardia chiesa S.Elia

Ma v’è di più: noi siamo certi che il Barone Felice Spitaleri, riproponendo l’architettura medievale per la realizzazione dell’ambizioso progetto edilizio da adibire a cantine vinicole, oltre che a dimora familiare, intendesse richiamare in pari tempo, un’epoca, uno spirito e un prestigio: l’epoca in cui la famiglia affonda le proprie radici e lo spirito di cui essa si ritiene ancora portatrice. La su esposta deduzione emerge dal contenuto del dialogo intercorso tra chi scrive e l’erede di Felice, Arnaldo Spitalieri, nella cui aura a noi parve veder risplendere quell’immaginato animus posseduto dall’Avo suo, che non può non essersi formato se non dalle iniziali esperienze della stirpe, acquisite in quei luoghi della Terra Santa ove si intersecavano coraggio e abnegazione. Proprio questo castello, edificato in epoca moderna, richiamandosi però ad un mondo antico, ha a noi ispirato il titolo dell’evento “Un ponte tra due ere”, immaginando che nell’intenzione del nostro illustre concittadino, vi fosse la deliberata volontà di veicolare un messaggio ben preciso: che il cordone ombelicale che collega la modernità agli antichi ed eterni valori, infondo non si è mai reciso. Quel castello, dunque, attraverso la propria imponente presenza, avrebbe dovuto rimarcare quel principio ad eterna memoria ed esempio per i posteri.

Castello normanno di Adrano

E per rendere plastico ai nostri ospiti il concetto di un metaforico collegamento tra il presente e il passato, subito dopo la visita al castello della Solicchiata, avremmo condotto I nostri visitatori al ponte dei Saraceni, opera ardua di ingegneria medievale che collega le due sponde del fiume Simeto là dove le acque sono più scroscianti e furiose. Da lì ci si sarebbe finalmente spostati al castello normanno di Adrano passando dalla Torre di S. Elia Profeta che, secondo le ultime ricerche di studiosi locali, potrebbe essere stata utilizzata come propria sede dall’ordine monastico cavalleresco dei Templari.

Ponte dei Saraceni

Il ponte dei Saraceni, realizzato utilizzando diversi stili architettonici, a motivo della sovrapposizione, in Sicilia più che altrove, di dominazioni e culture differenti: romana, araba, normanna, aragonese, simbolicamente, come sopra affermato, avrebbe fatto transitare gli ospiti dal castello della Solicchiata, edificato alla fine del 1800, al castello normanno edificato nell’antica acropoli adranita intorno all’anno mille, se dobbiamo dar credito, oltre che alla tradizione orale, pure alla data scolpita in una pietra laterale della porta principale di settentrione prima che la torre subisse ulteriori rimaneggiamenti nelle epoche successive.

Data incisa nella porta di settentrione – Castello normanno di Adrano

Un giro a piedi per le ampie piazze e i vicoli di Adrano, avrebbe mostrato agli ospiti ulteriori vestigia del periodo medievale: gli archi a sesto acuto in piazza S. Agostino che facevano parte della chiesa ormai inesistente di San Giovanni Evangelista e ancora altri archi a sesto acuto in piazza Giacomo Maggio (localmente detta piazza dell’Erba) che facevano parte di un edificio patrizio ormai inesistente; e infine la torre Minà. Un rinfresco di benvenuto e attori in costume d’epoca avrebbero fatto rivivere la magica atmosfera in cui nella prisca Adrano si aggiravano monaci, eremiti e cavalieri Templari che, pure nella città sede dell’Avo Sicano, presero dimora come testimoniano le ricerche di cui si è detto. Basti in questa sede quanto esposto, lasciando libera l’immaginazione di quanti hanno partecipato lo scorso anno all’evento che rievocò il mito dell’Avo primordiale Adrano, su ciò che il sito web di storia locale Adrano antica avrebbe saputo mettere in campo grazie al genio degli uomini che lo dirigono.

Piazza Giacomo Maggio

Ad majora.

Escursione didattica sul Monte Castello.

CALATABIANO 13-10-2019

Escursione didattica sul Monte Castello.

Intervento del rappresentante di Adrano Antica Francesco Branchina:

 

Signori buongiorno a tutti. Considerando i tempi ristretti a cui mi devo attenere per esporre quanto devo, salterei i convenevoli limitandomi ai ringraziamenti rivolti ai presenti e a tutti coloro che con il loro impegno hanno permesso la realizzazione dell’evento che si svolgerà in un paesaggio mozzafiato quale a noi appare il sito in cui venne edificato il castello di Calatabiano.

Oggi celebreremo la presenza dei Greci sul territorio dell’Alcantara e dell’Etna. Sulla cultura greca si è detto tutto ciò che c’era da dire, ritengo pertanto, che sia superfluo ricordare in questa sede quanto notevole sia stato il contributo  da essa fornito alla visione del mondo occidentale: senza Atene non ci sarebbe la democrazia; senza Socrate e Platone non ci sarebbero stati filosofi dello spessore di uno Schopenhauer e di un Nietzsche, nonché il pensiero filosofico in genere.


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Tuttavia non possiamo sorvolare sul fatto che, i luoghi che calchiamo stamane e che emanano forze non meglio definibili, non spiegabili in termini razionali, che trasudano una religiosità primordiale  espressa attraverso il panteismo praticato dai nostri Avi, di cui il sito di pietra perciata, a 600 metri da qui ne è una delle tante testimonianze, furono abitati fin dai primordi da una civiltà pre greca, quella sicana. Stirpe, questa, religiosissima, che plasmò l’isola tutta di un’aura di sacralità la quale traspare anche attraverso il significato dello stesso etnico sicano, e ancora da alcuni toponimi quali Assoro, Eloro, dal nome del monti Peloritani ecc. che rimandano ad una semantica afferente alla sfera del sacro. Infatti, nella lingua sicana da noi decriptata, i su citati toponimi si riferiscono ai luoghi dell’ascolto, un ascolto non possibile da effettuarsi con organi anatomici; erano luoghi in cui si ascoltava la voce del divino, come si evince dal lessema “or” contenuto nei toponimi che significa, udito, ascolto, orecchio. Circa l’importanza del saper ascoltare anche Platone dedica le sue attenzioni  nella settima lettera.

Ma sulle conoscenze e sulla cultura possedute da questo vetusto popolo non mi dilungo oltre sperando, caro presidente Carmeni, prof. Tradito, ottimi organizzatori dell’evento e presidenti delle associazioni che hanno aderito al progetto Alcantara – Etna valley, che ce ne occuperemo presto in altra occasione. A noi interessa in questa sede, piuttosto, capire che cosa i Greci sopraggiunti nell’isola molti millenni dopo che questa era abitata dal primordiale popolo dei Sicani, abbiano  condiviso con i primi abitatori  e cosa, invece, li avesse divisi.

Delle divisioni, assai numerose e significative, ne parleremo in un’altra sede, certo è che  una cosa ebbero in comune la prisca civiltà sicula con quella greca: ebbero invisa la tirannide nonostante questa odiosa istituzione fosse stata esportata in Sicilia proprio dai Greci. Ed essendo essi l’origine del male, vollero, in pari tempo, essere gli inventori del rimedio. Pertanto, nel tentativo di salvaguardare la democrazia, gli Ateniesi idearono, quale antidoto alla tirannide, quella aberrazione  politica chiamata ostracismo, per cui non sapremmo dire se l’antidoto trovato fosse stato peggiore della malattia a motivo della ricaduta politica che causò. L’ostracismo era una modalità attraverso la quale si condannava qualcuno sulla base del semplice sospetto, e non per il reato effettivamente commesso. Un procedimento, questo, che farebbe inorridire i garantisti della civiltà odierna. La segnalazione avveniva nel corso di una assemblea pubblica, durante la quale i cittadini scrivevano su un coccio d’argilla, ostrakon, il nome di colui il quale si pensasse aspirasse alla tirannide. Sulla stessa lunghezza d’onda si posero i Siracusani che diedero il nome di petalismo alla medesima modalità attraverso la quale si esprimeva il giudizio: si utilizzava infatti una foglia d’ulivo anziché l’ostrakon, per scrivervi  il nome del sospettato (l’ulivo fu scelto, probabilmente quale simbolo universale di pace, utilizzato già da Ulisse recatosi alla corte del re Licomede). Il sospettato doveva lasciare la città per cinque anni, contro i dieci stabiliti in Atene. Mentre questa modalità rimase in vigore molto tempo nella polis greca, a Siracusa ebbe brevissima durata.

 

Un bel episodio vergato nelle pagine della storia siciliana che ebbe come scenario anche gli splendidi luoghi che stiamo calcando oggi, è stato ampiamente documentato da Plutarco con dovizia di particolari. In esso si videro Greci e Siculi battersi per la stessa causa. Accadde infatti che, (semplificando il racconto per esigenza di sintesi), i democratici Siracusani, con a capo lo zio di Dionigi il giovane, Dione, approfittando della breve assenza del tiranno, riuscirono ad instaurare dopo 50 anni di governo tirannico, un regime democratico nella polis più potente della Sicilia. Assassinato Dione, Dionigi, potente com’era, minacciava di riprendere le redini del comando, per scongiurare una tale possibilità i democratici Siracusani chiesero aiuto alcuni alla madrepatria Corinto, altri a Iceta di Lentini che fu subito abbandonato per aver manifestato le intenzioni di sostituirsi a Dionigi piuttosto che instaurare la democrazia.


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A Corinto, un aristocratico tra i più in vista della Polis, viveva intanto in uno stato di limbo, e la sua presenza in città era causa di imbarazzo per la legislazione greca che teneva in alta considerazione il rapporto tra lo Stato e le divinità. L’aristocratico si chiamava Timoleonte, e da uomo integerrimo qual era, aveva contribuito a preservare, venti anni prima, la democrazia dalla possibilità dell’instaurarsi della tirannide, partecipando alla eliminazione fisica dell’aspirante tiranno (secondo Diodoro lo aveva ucciso di propria mano). Per un contributo del genere, normalmente si veniva innalzati agli altari della patria, se non fosse stato che l’aspirante tiranno era il fratello del nostro eroe, Timofane. Lo spargimento del sangue fraterno aveva dunque irritato le Erinni, custodi dei rapporti parentali e per questo il corinzio sarebbe dovuto essere condannato. La richiesta siracusana giungeva perciò quanto mai opportuna, per questo venne subito accettata. La partecipazione greca alla causa sicula, ad un’analisi più attenta, appare più simbolica che fattuale. Infatti, Timoleonte salpa per Taormina con appena 500 uomini raccogliticci dalle città di Corinto, Corciria e Leucade, – come si potesse pensare di abbattere la tirannide più consolidata dell’occidente e sconfiggere l’esercito siracusano che appena sessantacinque anni prima aveva affondata la flotta ateniese e battuto il numeroso esercito durante la guerra del Peloponneso con un così esiguo numero di opliti non ci è dato sapere-. Comunque sia, a Taormina il corinzio venne accolto a braccia aperte dal principe siculo Andromaco. La cittadina siciliana appronto’ un piccolo contingente armato di tutto punto grazie all’apporto di uomini provenienti dai villaggi siculi dipendenti dalla città stato di Taormina, tra le quali, mio ottimo Gaetano Tradito, vi era verosimilmente anche Calatabiano, tua Patria. Così con i 700 uomini raccolti si raggiunse un totale di  1.200 soldati, ancora troppo pochi per tentare di sconfiggere la città più potente del Mediterraneo. A capo di questo piccolo esercito l’eroe si recò nella città sicula di Adrano, tappa obbligata, dove c’era il tempio nazionale del dio eponimo, per rendergli onore e acquisire l’investitura di Duce secondo il costume dei Siculi. (I fatti accaduti nella città di Adrano durante il soggiorno dell’eroe con il suo contingente pluri etnico, integrati con altre fonti, ci hanno indotto a rielaborare la storia della Sicilia sicula che risulta ben diversa da quella canonizzati. Spero che potremo presto, come affermato prima, avere l’occasione di condividerla). Adrano era il centro di una anfizionia creata con il contributo degli eserciti delle città che si riconoscevano nel culto dell’Avo divinizzato Adrano. Solo così si può comprendere l’affermazione di Diodoro che recita: “Timoleonte, fattosi forte dell’esercito fornito dagli Adraniti, si volse contro i Cartaginesi”. Infatti, l’anfizionia adranita, sul modello di quella di Delfi che condusse ad una guerra sacra nei confronti dei Focesi che si erano impossessati dei territori sacri, intraprese una guerra di liberazione sia delle tirannidi greche che affliggevano molte città, che dei territori siculi caduti sotto le mire dei Cartaginesi. Così,dunque si rese possibile la cacciata dei tiranni dalle città dell’isola e da Siracusa soltanto dopo appena cinquanta giorni dallo sbarco a Taormina. Sono convinto, grazie all’incrocio delle fonti storiche che ho consultato, che dalla operazione siciliana, Corinto traesse enormi ricchezze, – molta della preda bellica strappata ai Cartaginesi infatti, come afferma Diodoro, veniva inviata nella patria di Timoleonte mentre ai confini della Grecia  si ammassavano le truppe di Filippo il macedone fino a quando a Corinto, nel 337 a. C., si formerà la lega panellenica a guida macedone contro il gran re di Persia. Nonostante gli sforzi per il recupero della democrazia, purtroppo va constatato che  i Greci di Sicilia non persero il vizio di farsi tiranni e appena venti anni dopo la anelata libertà imposta con le armi sicule, nel 317 a. C., ecco ripresentarsi a Siracusa l’odiato istituto della tirannide che assume le sembianze di Agatocle.

 

Bene! Signori ho concluso il mio intervento. Vi ringrazio per l’attenta partecipazione e alla prossima, nella quale rileggeremo la storia nascosta tra le pieghe dei racconti pervenuti dagli storici greci antichi.

Comunicato stampa

Calatabiano: testimonianze greche

Brochure

Domenica prossima 13 ottobre alle ore 10,00 si concluderà a Calatabiano l’evento “I greci nella valle Alcantara e nelle terre dell’Etna”, la settima e ultima tappa dell’itinerario sarà organizzata dell’Associazione Culturale Trinacria diretta da Gaetano Tradito, in collaborazione con la società “Castello di Calatabiano srl”, rappresentata dalla dott.ssa Giusy Bosco, amministratore unico della società che gestisce il Castello. È stato possibile realizzare l’itinerario grazie a un protocollo d’intesa siglato dalle 11 associazioni che hanno aderito al progetto “Welcome to Alcantara valley – Etna”, ideato dal prof. Giuseppe Carmeni. L’evento gode del patrocinio: del Parco archeologico di Naxos Taormina, del Parco Fluviale dell’Alcantara, del Parco dell’Etna, della candidata Riserva della Biosfera UNESCO delle valli fluviali dell’Etna, della Curia di Acireale e dei Comuni di Adrano, Bronte, Calatabiano, Francavilla di Sicilia, Giardini Naxos, Maletto e Randazzo. Sarà una passeggiata archeologica alla ricerca delle tracce lasciate dalla cultura ellenica, lungo il percorso gli ospiti incontreranno autorevoli studiosi che renderanno visibile l’invisibile e personaggi storici in costume antico che guideranno i visitatori in un viaggio fantastico nel tempo alla scoperta dei greci. L’itinerario non è difficoltoso ma si consiglia però un abbigliamento adeguato con scarpe comode, il percorso è di 600 metri circa, con un dislivello di 160 metri. Il raduno è previsto in via Alcantara presso il parcheggio del Castello di Calatabiano. Dopo i saluti istituzionali, la visita inizierà dal nuovo Antiquarium dove la dottoressa Maria Teresa Magro, funzionaria della Sovrintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Catania, illustrerà la memoria materiale rinvenuta nelle campagne di scavo condotte nell’area del Castello. Durante la salita al Castello è prevista una sosta nella chiesa del SS. Crocifisso, il monumento sarà presentato dal presidente Gaetano Tradito, gli studiosi Salvatore Rizzeri e Francesco Branchina faranno una breve dissertazione rispettivamente sugli antichi popoli della valle Alcantara e sulle imprese compiute da Timoleonte di Corinto in Sicilia. Prima dell’arrivo al castello il prof Giuseppe Carmeni parlerà dell’origine del nome di Calatabiano, anche se molti pensano che sia di origine araba Kalaat-al Bian che significa (Rocca di Biano), ma Biano, come afferma l’architetto Daniele Raneri, è un nome proprio greco. Secondo la mitologia greca era uno dei nove Cureti che hanno protetto l’infanzia di Zeus. Biano ci condurrà in modo ideale sull’isola di Creta, la dove esisteva una importante polis di nome Biannos. Le sorprese non finiscono qui perché i visitatori incontreranno anche il famoso poeta ellenistico Callimaco di Cirene, una sacerdotessa di Zeus e Pietro Rizzo, il noto studioso di Naxos di fine ottocento, i personaggi saranno interpretati dagli attori Francesco Papa, Sara Pulvirenti e Giovanni Bucolo del laboratorio cinematografico e teatrale Naxos Entertainment. La passeggiata si concluderà in cima alla collina di Calatabiano, dove ad attendere gli ospiti ci saranno l’architetto Daniele Raneri, profondo conoscitore del castello e il naturalista Enzo Crimi, già commissario del Corpo Forestale della Regione Sicilia, il quale racconterà il paesaggio e la natura della foce dell’Akesines, l’attuale fiume Alcantara, nell’età greca. Si ricorda che la visita guidata e drammatizzata è gratuita, si pagherà solo l’ingresso al castello € 3,00, vi aspettiamo numerosi per riscoprire le nostre antiche origini e la nostra identità culturale.

Giardini Naxos 04.10.2019

Il coordinatore dell’evento “I greci nella valle Alcantra e delle terre dell’Etna”
Prof. Giuseppe Carmeni